(Adnkronos) –
Fornire meno armi all’Ucraina avvicina la fine della guerra con la Russia. Questa la reazione del Cremlino all’annuncio dello stop alla consegna di alcuni tipi di armi a Kiev da parte americana. “Meno armi fornite all’Ucraina, più vicina la fine dell’operazione militare speciale”, ha dichiarato alla stampa il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.
Di segno opposto la reazione ucraina che sta cercando di “chiarire” la situazione con Washington, ha fatto sapere oggi il consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, Dmytro Lytvyne, assicurando che “la comunicazione con la parte americana continua a tutti i livelli. “Stiamo attualmente chiarendo la situazione”.
Dopo l’annuncio dei tagli Kiev ha convocato l’incaricato d’affari americano al ministero degli Esteri. “Qualsiasi ritardo o rinvio nel sostegno alle capacità di difesa dell’Ucraina non farebbe altro che incoraggiare l’aggressore a continuare a condurre la guerra e il terrore, anziché cercare la pace”, ha affermato il ministero ucraino in una nota.
Mentre il ministero della Difesa fa sapere di non aver ricevuto alcun preavviso in merito alle annunciate riduzioni nelle forniture di armi americane. Porre fine all’invasione russa – ha quindi sottolineato – richiede un supporto “costante”. “L’Ucraina non ha ricevuto alcuna notifica ufficiale in merito alla sospensione o alla revisione dei programmi di forniture per la concordata assistenza alla difesa”, ha dichiarato il Ministero in una nota. “Sottolineiamo che la strada per porre fine alla guerra passa attraverso una pressione costante e congiunta sull’aggressore, nonché attraverso un continuo sostegno all’Ucraina”, ha concluso.
Invece dalle colonne del New York Times arriva contro l’amministrazione Trump l’accusa di aver agevolato Mosca con la sua politica del ‘laissez faire. Trump con misure rimaste sottotraccia, denuncia un’approfondita inchiesta, ha aperto la strada al proliferare di compagnie di facciata che instradano fondi e componenti in Russia, inclusi chip ed equipaggiamenti militari proibiti. Nessuna nuova sanzione, da parte degli Stati Uniti nei confronti della Russia dal ritorno alla Casa Bianca del tycoon, anzi alcune misure restrittive passate alleggerite. Il risultato si vede. Se il ciclo si ferma, le sanzioni in essere perdono forza.
Il motivo è presto spiegato. Per mantenere il regime efficace, sono necessarie sanzioni “di mantenimento” per annullare gli sforzi di Mosca per aggirare le misure che penalizzano il suo sforzo bellico. Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Amministrazione Biden ne ha imposte migliaia, 6.200 in totale, con una media di 170 al mese, contro entità legate alla Russia, per colpire i nuovi modelli di evasione messi in piedi mano a mano che venivano introdotte le misure restrittive. Dall’insediamento di Trump, c’è stato uno stallo. Nel frattempo, lo scorso aprile, il dipartimento del Tesoro, a cui spetta il compito di amministrare e verificare l’attuazione delle sanzioni, ha cancellato le misure contro Karina Rotenberg, la moglie dell’oligarca Boris Rotenberg, amico di Putin dall’infanzia, premiato per la sua fedeltà e appartenenza al “circolo ristretto” del Presidente, con interessi nei settori dell’edilizia e dell’energia.
Lo scorso febbraio, il dipartimento della Giustizia ha chiuso la task force KleptoCapture, una unità istituita nel 2022 per identificare e sequestrare gli asset degli oligarchi russi sanzionati nel mondo. Lavoro di investigazione che ha portato al sequestro di yacht, proprietà immobiliari e aerei privati. Una struttura simile è invece stata istituita di recente, ma per contrastare Hamas.
L’approccio di Trump all’arte del governo è quello di imporre pressioni per fare leva e cercare di ottenere il miglior accordo possibile. Qualunque sia la ragione, con la Russia non vuole avere alcuna arma di pressione nei confronti di Putin”, ha constatato Edward Fishman, ricercatore al Center on Global Energy Policy della Columbia. “Perché le sanzioni funzionino, è necessario continuare ad andare avanti solo per rimanere fermi. Senza un’opera di mantenimento continuo delle restrizioni, lo sforzo della Russia può avere la meglio, incluso con l’apertura di compagnie di facciata”, ha aggiunto Elina Ribakova, economista al Peterson Institute for International Economics.
Gli effetti della pressione della precedente Amministrazione su Mosca stanno quindi iniziando a sgretolarsi. Il New York Times ha individuato più di 130 aziende in Cina e Hong Kong che pubblicizzano la vendita alla Russia, con effetto immediato, di chip, inclusi nelle sanzioni. Nessuna di tali aziende è sanzionata. Laddove in precedenza, non appena facevano la loro comparsa queste compagnie di facciata, venivano subito incluse in provvedimenti restrittivi in un gioco del gatto e del topo continuo. La Hk Gst Limited, per esempio, nata a Hong Kong la scorsa estate, con un sito web online da febbraio, pubblicizza chip essenziali per i missili da crociera russi, inclusi i Kh-101 usati anche di recente contro Kiev, in un raid in cui sono rimasti uccisi dieci civili. Da una analisi degli hosting data del sito e dei dettagli di contatto, emerge la relazione dell’azienda con altri quattro distributori di componenti elettronica simili, tutti ugualmente comparsi di recente.