(Adnkronos) – Se è vero che in Italia nascono sempre meno figli, -3,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente e il trend negativo prosegue anche nei primi 6 mesi del 2024 con 4.600 nascite in meno, la Sardegna raggiunge il record di denatalità, con un tasso di natalità nel 2023 del 4,6 per mille abitanti, rispetto al 6,4 nazionale. 

Secondo l’Istat, nel 2023, il tasso di fecondità sull’Isola è il più basso ovvero 0,91, in diminuzione anche rispetto all’anno precedente quando era già sottozero, ovvero 0,95, mentre la media nazionale è di 1,20, un dato che scende a 1,14 tra le donne di cittadinanza italiana ed è in calo rispetto all’1,24 del 2022.  

Tra gli altri indicatori sulla natalità, segnaliamo che le donne sarde hanno l’età media al parto più elevata del Paese con 33,2 anni, un anno esatto in più rispetto alla media delle donne delle regioni del Mezzogiorno. Le madri più giovani sono le siciliane con una media di età al parto pari a 31,7 anni.  

Analizzando la serie Istat relativa al periodo dal 2014 al 2023, in Sardegna il numero di nati è sceso da 11.473 a 7.242 ovvero oltre 4 mila nascite in meno negli ultimi dieci anni. Si pensi che solo nell’ultimo anno si sono registrate sull’Isola circa 500 nascite in meno. Del totale neonati nel 2023, il 51,7% sono maschi.  

Una tendenza praticamente costante nell’ultimo decennio, al ritmo di 400-600 neonati in meno ogni anno, che ha rallentato solo nel 2021 quando le nascite furono 8.232 rispetto alle 8.262 del 2020, ovvero solo 30 neonati in meno.  

La flessione costante nella natalità è particolarmente significativa in Sardegna a partire dal 2011 quando i dati, anno dopo anno, hanno registrato sempre meno nascite. Per contro, fino al 2010 i dati hanno avuto un andamento altalenante, con lievi aumenti o diminuzioni tra un anno e l’altro, raggiungendo il picco più elevato del periodo nel 2000 con 13.865 nuovi nati.  

Se nel 1995 l’età media delle donne al parto era di 30,5 anni in Sardegna, nell’ultima rilevazione relativa al 2023 la media si è alzata ulteriormente fino a raggiungere 33,2 anni. Si tratta di dati superiori alla media nazionale, per altro anch’essa cresciuta da 29,8 anni del 1995 a 32,5 del 2023. 

Dopo la Sardegna, troviamo la Basilicata con un’età media di 33,1 e il Lazio con 33, mentre l’età media più bassa al parto si registra in Sicilia con 31,7 anni. A livello di province sarde, nell’ultimo anno di rilevazione, Nuoro registra l’età più alta con 33,4, Sassari la più bassa ovvero 32,7.  

Analizzando i dati della serie Istat, l’età media al parto all’inizio del nuovo millennio era di 31,3 anni, per scendere sotto i 30 anni bisogna risalire al 1992 (29,9). A inizio anni ’80 la media si attestava a 28,6 anni, un’età inferiore sia rispetto alla prima metà degli anni ’70 che agli anni ’60, in questo caso con una differenza minima rispetto alla media nazionale. 

Per quanto riguarda il numero di figli per donna, la Sardegna nel 2023 detiene il record negativo con meno di un figlio ovvero 0,91. Per risalire ad almeno 1 figlio per donna bisogna tornare al 2019. Al contrario, il dato regionale più elevato nel 2023 si registra in Trentino-Alto Adige con una media di 1,42 figli per donna, la media nazionale è di 1,20. 

Tutte le province sarde hanno un tasso di fecondità inferiore a 1, con un minimo di 0,85 figli per donna a Cagliari e un massimo di 0,99 figli per donna a Nuoro. Differenze piuttosto evidenti si registrano tra donne residenti italiane la cui media è 0,89 e straniere che sale a 1,31.  

Andando indietro nel tempo, il tasso di fecondità in Sardegna nel 1952 era al 3,8, superiore alla media nazionale che allora era del 2,3. Il dato regionale è sempre stato superiore a quello nazionale fino al 1990. Da quel momento ha cominciato a essere inferiore. Fino agli anni Settanta la media era di circa 3 figli per donna, dagli anni Ottanta è scesa sotto a 2, nel 1998 è scesa per la prima volta al di sotto di 1.  

La Sardegna nel 2023 ha registrato il più alto tasso di nascite more uxorio ovvero di figli nati in un contesto di coppia non vincolata da legami di matrimonio né unione civile, pari al 55% del totale, quasi il doppio rispetto alla Basilicata che ha la percentuale più bassa (29,6%), mentre la media nazionale è al 42,4%.  

Nel dettaglio, il 48% dei neonati in territorio sardo è all’interno di coppie mai coniugate, il 7% ha almeno uno dei genitori precedentemente coniugato, meno della metà, ovvero il 45% circa nasce nell’ambito di coppie regolarmente coniugate o unite civilmente. Per avere un termine di paragone, nell’anno 2000 i neonati all’interno del matrimonio erano oltre il 90% dei nati.  

La tendenza ad avere figli in coppie non legate da vincoli è aumentata notevolmente nel primo decennio del duemila; infatti, la percentuale dei neonati concepiti all’interno di coppie sposate o unite civilmente è diminuita di 15 punti percentuali, raggiungendo poco più del 75% nel 2010. Nei dieci anni successivi, tale percentuale è scesa di altri 25 punti, raggiungendo il 52% nel 2020.  

Un altro dato piuttosto indicativo della crisi demografica in atto ormai da anni in Sardegna è la percentuale più bassa tra tutte le regioni italiane di nati stranieri rispetto al totale dei neonati. Tale percentuale, infatti, nel 2023 raggiunge appena il 3,9%, oltre cinque volte inferiore al 21,9% registrato in Emilia-Romagna, al primo posto in questa graduatoria (media nazionale 13,5%). 

Nel dettaglio, su 7.242 nati sull’Isola nel 2023, solo 281 sono stranieri, dei quali la maggior parte ovvero 118 sono nati a Sassari e provincia, 90 a Cagliari, 40 nei comuni del Sud Sardegna, 20 nel nuorese e solo 13 nell’area di Oristano.  

Dall’analisi dei dati Istat dell’ultimo quarto di secolo, la percentuale di nati stranieri in Sardegna è comunque cresciuta, se si considera che nel 1999 era solo pari a 0,81% ovvero 110 neonati stranieri sul totale di 13.600. Percentuale che è salita all’1,50% nel 2005 ed ha raggiunto il 3,70% nel 2010, comunque circa dieci punti al di sotto della media nazionale di quel periodo (13,89%).  

Un ulteriore indicatore dell’elevato livello di denatalità che contraddistingue la Sardegna è il tasso di natalità che secondo l’Istat nel 2023 è pari a 4,6 per mille abitanti, in ulteriore calo di 0,3 su base annua, ma soprattutto di ben 3,6 punti inferiore rispetto al triennio 2008-2010 in cui si era attestato all’8,2.  

Con un tasso di natalità così basso non viene compensato il numero dei decessi; infatti, il tasso di crescita naturale (saldo nati/morti) in Sardegna è negativo, -7,2 per mille abitanti, così come è negativo il tasso di crescita totale (somma del tasso di crescita naturale e del tasso migratorio) -5,3. 

Che la Sardegna non sia una terra di giovani lo dicono anche altri dati: nel 2023 la popolazione tra 0 e 14 anni è il 10,4% del totale, in calo costante negli ultimi 20 anni, ad esempio era il 13,3% nel 2004. Parallelamente, il 26,2% dei sardi ha più di 65 anni e l’età media è 48,4 anni, 7 anni in più rispetto a due decenni fa.  

Il fenomeno della denatalità in Sardegna è spesso associato allo spopolamento specie dei centri minori e delle aree interne. Per questo motivo, la Regione, con apposita legge regionale del 5 febbraio 2024, ha esteso una precedente misura di sostegno alle famiglie residenti nei Comuni minori. 

La misura prevede un contributo o assegno di natalità per ogni figlio nato a partire dal 1° gennaio 2024 nei comuni con meno di 5 mila abitanti, pari a 600 euro mensili, oltre a 400 euro ulteriori per ogni figlio successivo al primo, fino al compimento del quinto anno di età.  

A sostegno della genitorialità, la Giunta regionale ha inoltre confermato la misura “Nidi gratis” per il triennio 2024-2026 per abbattere i costi di frequenza di asili nido e micronidi. La misura prevede un bonus mensile di 200 euro per 11 mesi per nuclei familiari con Isee massimo pari a 40 mila euro ed è cumulabile con quanto stabilito a livello nazionale con il cosiddetto “Bonus nido”.