(Adnkronos) – Doppio ingresso in Sala Pandini in Senato, dove si raccolgono le firme per il referendum popolare per confermare il ddl Nordio. Sono tanti i senatori che a fine seduta, si sono recati nella sala alle spalle dell’emiciclo per firmare. Da una parte la fila ordinata dei membri delle forze di maggioranza, che, viene spiegato, hanno già messo in cassaforte 59 sottoscrizioni (ne bastavano 41). Tra questi il capogruppo di Forza Italia, Maurizio Gasparri.  

Dall’altro ingresso della sala, invece, si fanno vedere i senatori dei gruppi d’opposizione, tra cui il presidente dem Francesco Boccia, anche loro numerosi a chiedere il referendum popolare. Sala aperta anche domani e giovedì. 

Due testi diversi, a scanso di equivoci e anche a prova di legge. E’ lo schema adottato dal centrodestra per il deposito della richiesta di referendum sulla riforma della Giustizia. Alla Camera e al Senato la maggioranza ha avviato la raccolta delle firme dei parlamentari secondo i termini prescritti dalla legge (1/5 di una Camera, pari a 80 deputati e 41 senatori).  

Il punto, però, al di là del numero di firme si è rivelato il testo del referendum, quello che gli elettori troveranno stampato sulla scheda su cui barrare il sì o il no. Alla chiarezza del quesito è, infatti, in buona parte legato il successo della consultazione e anche l’efficacia della campagna referendaria. Allo stesso tempo, però, vi sono regole e prassi da rispettare sulla formulazione più corretta da sottoporre agli elettori.  

Il centrodestra, allora, ha optato per la doppia formulazione. Alla Camera il quesito referendario riproduce esattamente il testo della legge approvato in Parlamento. Una scelta perfettamente aderente alla prassi e alle disposizioni di legge, a prova di legge. Al Senato, invece, il testo da sottoscrivere e, poi, da depositare in Cassazione è leggermente più ‘creativo’ o più chiaro. Perché, come si fa notare nella stessa maggioranza, nel testo della legge non figura nemmeno la parola giustizia e questo potrebbe ingenerare dubbi e difficoltà negli elettori chiamati a esprimersi su un referendum confermativo di una riforma della giustizia.