(Adnkronos) – Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha reso noto di aver approvato i piani dell’Idf “per sconfiggere Hamas a Gaza”, vale a dire per la nuova operazione militare nella Striscia per l’occupazione di Gaza City. “Le porte dell’inferno si apriranno presto per gli assassini e gli stupratori di Hamas a Gaza, e lo rimarranno fino a che non accetteranno le condizioni di Israele per porre fine alla guerra, in primo luogo il rilascio di tutti gli ostaggi e il loro disarmo”, ha aggiunto il ministro. Se Hamas non si arrende, Gaza City “si trasformerà in una Rafah o Beit Hanoun”, ha concluso, citando le due città della Striscia, a sud e a nord, rispettivamente, distrutte dai raid di Israele.
Le Nazioni Unite hanno formalmente dichiarato lo stato di carestia a Gaza, definendola di origine umana e inaccettabile. L’annuncio, diramato venerdì, sancisce la prima carestia nel Medio Oriente. L’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), organismo sostenuto dalle Nazioni Unite e punto di riferimento internazionale per il monitoraggio delle crisi alimentari, ha innalzato la valutazione per il governatorato di Gaza – che comprende la città e le aree circostanti – a Fase 5, il livello più alto e grave della scala sull’insicurezza alimentare. Secondo il rapporto di 59 pagine diffuso oggi, più di mezzo milione di persone nella Striscia di Gaza si trovano in condizioni caratterizzate da livelli “catastrofici” di insicurezza alimentare. Circa 1,07 milioni di persone, pari al 54% della popolazione, affrontano invece condizioni di Fase 4, definite di emergenza. Tra metà agosto e fine settembre 2025, quasi un terzo della popolazione – circa 641.000 persone – è destinata a trovarsi in condizioni catastrofiche, mentre il numero di chi affronta livelli di emergenza dovrebbe salire a 1,14 milioni. L’Ipc sottolinea che questi dati sono probabilmente sottostimati, in quanto non includono il nord di Gaza, difficile da raggiungere, né la popolazione rimasta a Rafah, in gran parte evacuata.
Il rapporto avverte che le condizioni “catastrofiche” potrebbero estendersi entro fine settembre anche a Deir al-Balah, nel centro della Striscia, e a Khan Yunis, nel sud. La crisi alimentare si è aggravata dalla fine del cessate il fuoco a marzo con il blocco israeliano sugli aiuti umanitari. Le autorità sanitarie locali segnalano un aumento dei decessi per malnutrizione e le immagini che arrivano dalla Striscia mostrano bambini in sofferenza e lunghe file davanti ai punti di distribuzione di cibo.
L’Ipc non dichiara formalmente lo stato di carestia, ma le sue valutazioni forniscono la base perché governi, agenzie Onu e organizzazioni umanitarie possano emettere dichiarazioni ufficiali. Il documento insiste che non debba esserci “alcun dubbio sulla necessità di una risposta immediata e su larga scala” e avverte che “ogni ulteriore ritardo, anche di pochi giorni, comporterà un’escalation inaccettabile della mortalità legata alla carestia”.
Israele ha respinto con forza il rapporto. Secondo il Cogat, l’organismo del ministero della Difesa che coordina le attività umanitarie nella Striscia di Gaza, il documento è “falso” e si basa su “dati distorti e parziali originati da Hamas, un’organizzazione terroristica” e ignora allo stesso tempo gli sforzi umanitari israeliani in corso. Il Cogat ha ribadito che Israele continuerà a facilitare l’assistenza umanitaria alla popolazione civile palestinese “in piena conformità con il diritto internazionale”. L’Ipc, organismo sostenuto dalle Nazioni Unite per il monitoraggio della sicurezza alimentare globale, ha denunciato che più di mezzo milione di persone nella Striscia di Gaza si trovano in condizioni “catastrofiche” di Fase 5, il livello più grave della scala sull’insicurezza alimentare. Le condizioni potrebbero estendersi entro fine settembre a Deir al-Balah e Khan Yunis.
Il ministero degli Esteri israeliano ha accusato l’Ipc di aver pubblicato un rapporto “fabbricato su misura per adattarsi alla falsa campagna di Hamas”. Per la diplomazia di Tel Aviv, l’Ipc ha “distorto le proprie regole e modificato i propri criteri solo per produrre accuse false contro Israele”, ignorando “totalmente il criterio del tasso di mortalità”. Il punto in questione riguarda la decisione dell’Ipc di abbassare dal 30 al 15% la soglia della popolazione malnutrita per dichiarare lo stato di carestia. “L’intero documento dell’Ipc si basa su bugie di Hamas riciclate attraverso organizzazioni con interessi”, ha aggiunto il ministero degli Esteri, ribadendo che “non c’è carestia a Gaza” grazie ai 100mila camion di aiuti entrati nell’enclave in quasi due anni di guerra e al recente “forte calo dei prezzi dei prodotti alimentari”.
L’Ipc, dal canto suo, ha respinto le accuse, spiegando che la soglia del 15% non rappresenta un abbassamento dei criteri, ma è una metodologia consolidata da oltre un decennio per valutare la malnutrizione nei bambini sotto i cinque anni tramite la misurazione della circonferenza del braccio, quando non è possibile usare peso e altezza. Questo metodo, sostiene l’Ipc, è stato utilizzato di recente anche per valutare la carestia in Sudan e rientra negli standard internazionali.
Almeno 30 palestinesi sarebbero rimasti uccisi dall’alba nella Striscia di Gaza dove vanno avanti le operazioni militari israeliane. Lo riporta la tv satellitare al-Jazeera, che cita fonti mediche secondo le quali solo a Gaza City si contano 24 morti.
Israele nega l’ingresso nel Paese al sindaco di Barcellona, Jaume Collboni. E’ quanto riportano media spagnoli e israeliani. Secondo El Periódico, Collboni sarebbe dovuto atterrare in Israele oggi stesso, ma il permesso d’ingresso nel Paese è stato revocato all’ultimo. Il giornale israeliano Haaretz scrive che l’Autorità israeliana per la popolazione e l”immigrazione ha comunicato che il visto è stato negato per “diffamazione di Israele” e a causa della “partecipazione al boicottaggio del Paese”.
Stando alle notizie della stampa israeliana, Collboni si sarebbe voluto recare allo Yad Vashem e aveva in programma colloqui con l’Autorità palestinese, a Ramallah, in Cisgiordania. I media spagnoli evidenziano come sarebbe stato il suo primo viaggio istituzionale in Medio Oriente.
A fine maggio il Consiglio comunale di Barcellona ha votato per interrompere “i rapporti istituzionali con l’attuale governo israeliano” e di sospendere “l’Accordo di amicizia e collaborazione con Tel Aviv-Jaffa”. In entrambi i casi si tratta di decisioni che sono state adottate “fino al ripristino del rispetto del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario” e “fin quando non sarà garantito il rispetto dei diritti elementari del popolo palestinese”. Nel maggio dello scorso anno la Spagna ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina.
“Israele sta deliberatamente privando dell’acqua la popolazione di Gaza”, afferma Medici Senza Frontiere (Msf). “Nell’ambito del genocidio in corso, Israele nega ai palestinesi beni di prima necessità, tra cui acqua, cibo e assistenza sanitaria – si legge in un comunicato dell’organizzazione – Dopo 22 mesi di distruzioni e restrizioni dell’accesso alle infrastrutture idriche essenziali da parte di Israele, la quantità di acqua disponibile a Gaza è del tutto insufficiente. Organizzazioni come Msf sarebbero in grado di aumentare la quantità di acqua potabile, ma Israele sta bloccando le importazioni di prodotti essenziali per il trattamento dell’acqua. Dal giugno 2024, ogni dieci richieste di importazione di prodotti per la desalinizzazione dell’acqua, Msf ne ha vista approvata soltanto una”.
“Israele – prosegue la nota – deve iniziare a consentire l’importazione su larga scala di attrezzature essenziali per l’approvvigionamento e la distribuzione dell’acqua. L’esercito israeliano deve, inoltre, cessare la distruzione delle infrastrutture idriche e consentire l’immediata riparazione di quelle danneggiate per garantire alla popolazione l’accesso all’acqua, fondamentale per la sopravvivenza. L’acqua e altri beni di prima necessità non devono essere utilizzati come armi di guerra”.
Secondo Msf, “non solo l’acqua disponibile è insufficiente per la popolazione di Gaza, ma la dipendenza dai camion cisterna non consente di avere modalità certe per ottenere quella disponibile”. E, prosegue il comunicato, “l’86% di Gaza è soggetto a un ordine di sfollamento forzato da parte dell’esercito israeliano, rendendo pericoloso per i camion cisterna tentare di raggiungere le persone in quelle zone”. La mancanza di adeguati metodi di stoccaggio nelle abitazioni aggrava i problemi che la popolazione deve affrontare.