(Adnkronos) – Ha pochi dubbi Letizia Moratti: Milano rischia di perdere la spinta propulsiva che l’aveva caratterizzata dopo l’Expo con l’inchiesta che coinvolge la giunta guidata dal sindaco Giuseppe Sala, schiacciata tra grandi opere incompiute, cantieri bloccati e un crescente malcontento sociale. L’ex sindaca, intervistata dall’Adnkronos, denuncia la sempre più crescente distanza tra Amministrazione e cittadini, e rilancia la necessità di un’urbanistica inclusiva e a misura di tutta la città. Gli occhi sono anche puntati alle prossime elezioni comunali: nel 2027 il capoluogo meneghino andrà alle urne. L’invito di Moratti è all’unità, ma lancia un allarme: senza un cambio di passo, la città rischia di diventare sempre più divisa tra centro e periferie.
Come valuta l’impatto dei progetti infrastrutturali e urbanistici sulla crescita economica e sociale di Milano da Expo 2015 in avanti?
“Expo 2015 è stato senza dubbio un acceleratore straordinario per Milano, ma il vero tema è come si sia capitalizzato quel patrimonio. Alcuni interventi infrastrutturali e urbanistici hanno avuto effetti positivi, penso a tutte le opere che ho fatto inserire e finanziare nel capitolato di Expo come Pedemontana, BreBeMi, Tem, i prolungamenti e le nuove linee metropolitane. Sotto il profilo urbanistico ricordo le realizzazioni di City Life, avviata da Albertini, e Porta Nuova. Milano ha riqualificato diverse aree prima abbandonate al degrado, attraendo importanti investimenti. Negli ultimi 15 anni però le amministrazioni di centrosinistra hanno smarrito la dovuta attenzione ai profili sociali che la crescita anche impetuosa della città accompagna. C’è bisogno di progetti che parlino a tutta la città, non solo a una sua parte”.
L’assessore Tancredi si è dimesso, la vicesindaco Scavuzzo ne farà temporaneamente le veci. Auspica che il successore sarà un tecnico?
“Credo sia fondamentale che chi guiderà l’urbanistica milanese nei prossimi mesi abbia competenza, indipendenza e visione. Non è una questione solo tecnica o solo politica: serve un profilo autorevole che sappia ascoltare la città e operare con trasparenza”.
Il suo rapporto personale e politico con Giuseppe Sala è stato segnato da alcune divergenze pubbliche. Dopo il suo discorso in Aula, come giudica il suo modo di gestire questa crisi?
“Ho sempre considerato il confronto politico una risorsa. Detto questo, credo che il sindaco abbia sottovalutato per troppo tempo i segnali di allarme, benché resti convinta che non dovesse rassegnare le dimissioni a seguito dell’inchiesta. La reazione è arrivata tardi e più per effetto delle inchieste, che per coerenza garantista ripeto debbano essere viste con beneficio di inventario al termine di eventuali processi, che per autentica volontà di affrontare davvero un problema strutturale. La città è ferma da mesi. Più di 100 cantieri sono bloccati, migliaia di famiglie restano nel limbo di investimenti e mutui avviati e case che non ci sono. E anche le imprese, grandi e piccole fino agli artigiani, sono in enormi difficoltà per questo immobilismo”.
Ritiene che il centrosinistra abbia gestito con leggerezza il potere urbanistico a Milano?
“Sì, e purtroppo non da oggi. Il centrosinistra ha accentrato scelte strategiche in poche mani, alimentando quella sensazione di opacità e distanza venuta a galla con l’inchiesta. Quando lo sviluppo urbano viene percepito come imposto e non condiviso, si rompe il patto tra amministrazione e cittadini. La città deve continuare a crescere e svilupparsi, ma con attenzione a chi ci vive. È questo aspetto profondamente umano che è venuto a mancare paradossalmente, ripeto, nei decenni di guida di centrosinistra della città. Durante il mio mandato ricordo di aver promosso il Piano di Governo del Territorio (Pgt) con una forte enfasi su ambiente e verde urbano, con l’obiettivo di fare di Milano una città giardino d’Europa; partecipazione pubblica, apertura alle osservazioni dei cittadini, bilanciando diritti privati e interesse pubblico; trasparenza e regole, con una linea rigida contro abusi o eccessi urbanistici. Mi sarei aspettata nei successivi 15 anni di amministrazioni di sinistra un ancor maggior impegno su questi temi. Invece…”
Nel 2027 si torna alle urne. Quali competenze civiche e politiche si augura per il candidato sindaco di centrodestra?
“Penso a una figura civica che conosca profondamente Milano, che sappia interpretarne l’anima pragmatica ma anche la tensione ideale. Dovrà unire esperienza amministrativa, sensibilità sociale e capacità di dialogo. E soprattutto dovrà ascoltare, molto più di quanto si è fatto finora”.
Quale ruolo dovrà svolgere il centrodestra in questa scelta?
“Il centrodestra deve dimostrare maturità e coesione. Non possiamo permetterci divisioni. È il momento di costruire una proposta seria, civica, aperta ai migliori talenti della città. Forza Italia, con la sua tradizione riformista e moderata, può essere garante di questo percorso unitario e allargato”.
Quali saranno le istanze principali da affrontare?
“Casa, lavoro, mobilità e sicurezza. Ma anche una nuova attenzione alla sostenibilità, non come slogan, ma come principio guida delle scelte urbane. E poi serve ricostruire un rapporto di fiducia con le periferie, che oggi si sentono abbandonate. Continuare a parlare con la gente, come abbiamo sempre fatto, a differenza dell’attuale amministrazione Sala”.
Può la politica milanese recuperare credibilità e rappresentare meglio le istanze reali dei cittadini, specialmente dei giovani?
“Deve. I giovani sono i primi a percepire la distanza tra retorica e realtà. Servono politiche concrete per il diritto allo studio, all’abitare, alla mobilità accessibile. La città deve tornare a offrire opportunità a tutti”.
È ancora convinta che l’urbanistica possa essere il motore della Milano del futuro, o ritiene che sia arrivato il momento di cambiare paradigma?
“L’urbanistica resta un motore decisivo, ma va migliorata. Non possiamo più parlare solo di metri cubi o skyline: oggi l’urbanistica deve costruire comunità, verde, servizi, qualità della vita. E’ su questo terreno che la politica deve tornare protagonista positiva indirizzando con visione”.
Sui social e in generale tra i cittadini c’è malcontento per una Milano considerata per soli ricchi, per un sindaco percepito come “il sindaco dell’Area C”. Ritiene che l’urbanistica degli ultimi anni abbia davvero incluso tutte le fasce sociali, o abbia alimentato diseguaglianze?
“La Milano degli ultimi anni ha prodotto diseguaglianze crescenti. L’attrattività è paradossalmente diventata escludente. Le periferie sono rimaste ai margini mentre il centro si trasformava. Ma i problemi si sono amplificati: negozi chiusi e vetrine spente sono indice di crisi economica e sociale e causa anche di insicurezza, la mancanza di alloggi per gli studenti universitari sono un grave fardello per una città che vanta poli accademici di eccellenza, lasciare metà delle case popolari vuote è inaccettabile. Colmare queste distanze significa cambiare metodo partendo dai bisogni reali della gente. È tempo che l’urbanistica torni a essere strumento di coesione, non di frattura, sulla scia dei sindaci del passato che hanno fatto crescere la città sulla base di grandi visioni strategiche. Serve tornare all’anima profonda di Milano: quella delle scuole civiche, delle istituzioni sociali. L’anima di figure riformiste come quella di Anna Kuliscioff. Oggi questa crisi può essere un’occasione per cambiare in meglio mettendo al centro dell’attenzione e delle scelte la persona, i cittadini, senza rinunciare a crescita e sviluppo”. (Di Marco Cherubini)