(Adnkronos) – E’ in linea con gli anni scorsi la diffusione della West Nile in Italia. Da inizio anno a ieri, calcola l’Istituto superiore di sanità, “ce ne sono stati dieci nel nostro Paese, sette nella regione Lazio nella provincia di Latina”. L’aggiornamento dopo la morte di una donna di 82 anni, ricoverata in ospedale a Fondi, per i sintomi manifestati in seguito a una puntura di zanzara.
“Dei 7 casi segnalati dalla Regione Lazio, 6 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva e 1 caso con sintomi solo febbrili. Quattro casi sono in persone di sesso maschile e i restanti 3 di sesso femminile. L’età mediana è di 72 anni (range: 63-86)”, precisa l’Iss in base ai dati del sistema di sorveglianza coordinato dal ministero della Salute, che l’istituto supporta per la parte umana. “il bollettino del 24 luglio 2024 riportava 13 casi confermati, senza decessi”.
“In tutto il 2024 sono stati 460 i casi segnalati al sistema di sorveglianza”, coordinato dal ministero della Salute e supportato dall’Iss per la parte umana, “di cui 272 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva” concludono.
“Sono anni che il virus West Nile circola in Italia, ma l’attività era quasi del tutto circoscritta alla Pianura Padana” dice all’Adnkronos Salute Gianni Rezza, già direttore della Prevenzione del ministero della Salute e oggi professore straordinario di Igiene all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. I casi di Latina, “dove in passato erano stati identificati solo focolai animali, mostra che l’area interessata dalla circolazione virale si è estesa”. Per questo “pur non essendo la situazione allarmante, attività di vigilanza e controllo devono essere adottate a livello più ampio sul territorio nazionale. Comunque, la rapida identificazione dei casi dimostra una adeguata risposta a livello delle regioni interessate”.
L’infezione, ricorda Rezza, si diffonde “attraverso la puntura di zanzare Culex, le comuni zanzare che da sempre disturbano il sonno nelle notti d’estate. Da anni il virus – arrivato in Europa dall’Africa attraverso le rotte degli uccelli migratori – è causa di casi sporadici in Pianura Padana. Il 20% degli infetti sviluppa una sindrome febbrile e solo” l’1% sintomi gravi quali, ad esempio, una encefalite”. La novità, evidenzia Rezza sulla sua pagina Facebook, è che “quest’anno i casi sono arrivati alle porte di Roma, in quella che anni fa era una famosa terra malarica e in cui l’infezione era stata sino a ora riscontrata solo nei cavalli. Questi animali, come del resto l’uomo, sono dead-end host, ovvero si infettano, ma non trasmettono l’infezione ad altri esseri viventi”.
L’altro motivo di preoccupazione è che “in fondo è solo la metà di luglio – osserva Rezza -. Agosto e settembre sono in genere i mesi a rischio più elevato, ma magari quest’anno la stagione è semplicemente anticipata, come talvolta avvenuto in passato. Insomma, speriamo bene, ma rafforzare le attività di disinfestazione e proteggere gli anziani nelle aree affette – ad esempio usando zanzariere – durante le calde notti estive può essere cosa saggia”.
“Niente allarmi” sulle infezioni da virus West Nile nella provincia di Latina, ma “lavoriamo per dare più informazioni possibili ai medici, in particolare quelli del territorio”. E’ il ‘programma’ di Giovanni Cirilli, presidente dell’Ordine dei medici di Latina, che domani ha invitato l’intera comunità dei colleghi della zona, in particolare medici di famiglia e pediatri, a un webinar – organizzato con la Regione, la Asl e l’Istituto Lazzaro Spalanzani di Roma – “per dare il massimo supporto informativo ai professionisti e anche aiutarli a evitare che ci sia un allarme generalizzato”, spiega Cirilli all’Adnkronos Salute.
In queste ore, con il focolaio epidemico in corso “si stanno approntando tutte le necessarie misure anche di tipo organizzativo che sono gestite a livello centrale della Regione Lazio. La ‘regia’ di tutto questo è del Seremi, il Servizio di riferimento regionale di epidemiologia per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, in collaborazione con lo Spallanzani. Noi abbiamo ricevuto le linee guida, inviate a tutti i medici della provincia di Latina, ma le iniziative di formazione e informazione continuano”. Domani in particolare è previsto il maxi-webinar “a cui cercheremo di far partecipare tutti i medici in prima linea, medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta in primis”. Uno degli obiettivi fondamentali è “dare indicazioni su quali siano i casi in cui i camici bianchi (del territorio, ma anche di pronto soccorso e dei reparti ospedalieri) devono avere le antenne alzate per cercare di capire se ci sono sintomi e condizioni che possono essere riferite a questa infezione”.
L’obiettivo del webinar è fornire indicazioni chiare “per aiutare a intercettare i sintomi rilevanti di questa patologia che sono: una febbre prolungata, rash cutaneo, la possibilità di qualche disturbo neurologico, soprattutto il disorientamento che insorge in una persona che precedentemente non aveva questi disturbi. Sintomi che rappresentano campanelli d’allarme, anche se parliamo, in ogni caso – precisa il medico – di infezioni che hanno una percentuale di esito sfavorevole estremamente basso. La maggior parte delle persone deve essere gestito a casa, in maniera ordinaria, non possiamo pensare di fare a tutte le persone con febbre degli accertamenti sierologici importanti. La riunione di domani servirà proprio a cercare di definire quali sono le persone che devono essere eventualmente candidate ad avere un accertamento di secondo livello”, conclude Cirilli.
Zanzare sempre più veicolo di malattie un tempo sconosciute alle nostre latitudini: West Nile, ma non solo. “Negli ultimi anni, in Italia come nel resto d’Europa, stiamo assistendo a un cambiamento profondo e silenzioso nella geografia delle malattie infettive, un’evoluzione che non ha il fragore di una pandemia globale, ma che si insinua nelle pieghe del nostro vivere quotidiano” evidenziano gli esperti della Società italiana di medicina ambientale (Sima).
Tra il 2006 e il 2023 “l’Italia ha registrato oltre 1.500 casi di Dengue e più di 140 di Chikungunya importati, ma il dato che impone una riflessione urgente è quello dei casi autoctoni: quasi 500 persone hanno contratto queste malattie sul territorio nazionale”, sottolinea la Sima. “A trasmettere i virus è la zanzara tigre, Aedes albopictus, una specie invasiva ormai diffusa stabilmente in tutta la Penisola, favorita dall’aumento delle temperature medie, dagli inverni miti e da estati sempre più lunghe. Le aree maggiormente a rischio sono le zone costiere e le periferie urbane, dove la combinazione di alta densità abitativa e microambienti umidi, come tombini, sottovasi, bidoni, crea l’habitat ideale per la proliferazione delle zanzare”, precisano i medici.
L’innalzamento delle temperature globali, unito alla maggiore frequenza di eventi estremi come piogge improvvise, alluvioni, siccità alternate a umidità persistente, sta modificando il raggio d’azione di vettori come zanzare, zecche e flebotomi, rimarca la Sima. Il rapporto ‘Climate Change 2022’ dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) segnala come il rischio di trasmissione arbovirale di Dengue, Chikungunya, Zika e febbre gialla sia aumentato del 30% a livello globale solo nell’ultimo decennio. In Europa i casi autoctoni di Dengue sono cresciuti del 600% tra il 2010 e il 2022, passando da 10 episodi noti nel 2010 a oltre 70 nel 2022. Una curva che, se non contrastata, è destinata a salire.