(Adnkronos) –
‘Gli Stati generali dell’informazione visti da Roma’. Un incontro a Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia in Italia, con un sottotitolo eloquente: ‘Tutelare e sviluppare il diritto all’informazione: un’emergenza per la democrazia’. Al centro dei lavori i risultati di un’indagine di nove mesi sul diritto all’informazione, svolta da un’organizzazione francese indipendente, con un forte coinvolgimento della società civile, che ha portato ad una serie di proposte concrete volte ad anticipare gli sviluppi futuri del settore.
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, Alberto Barachini, ha evidenziato come “rinforzare l’ecosistema informativo sia una priorità”. E che per questo, in un contesto in cui la trasformazione digitale offre nuove opportunità e nuovi rischi, il governo ha fatto una scelta chiara, quella di “credere nell’informazione umana, che ha la responsabilità di quello che scrive o dice”. Se “Il concetto di verità è complesso, quello di accuratezza lo è molto meno”, ha proseguito, evidenziando che l’informazione “è un bene raro, fragile e costoso mentre le fakenews costano molto poco” e concludendo: ”Servono etica, responsabilità e norme per un campo di gioco livellato per le realtà editoriali italiani ed europee. La battaglia si può vincere ma insieme, superando reticenze del passato”.
Il presidente dell’Agcom, Giacomo Lasorella, ha posto l’accento sulla discussione necessaria per mettere insieme una politica pubblica adeguata, partendo da un presupposto chiave: “L’educazione al pensiero critico è il primo passo per garantire un ambiente informativo sano e una democrazia sana”.
Il padrone di casa, l’Ambasciatore di Francia in Italia Martin Briens, ha aperto i lavori focalizzando l’attenzione della platea di Palazzo Farnese sul ruolo dell’Informazione “cuore pulsante delle democrazie, messo alla prova in un’epoca di cambiamenti senza precedenti”. Tra questi, quelli innescati dall’intelligenza artificiale, “con i rischi legati all’utilizzo improprio, anche per interessi non trasparenti, e alla produzione di contenuti ingannevoli per campagne di disinformazione”.
Sono quindici le proposte che emergono dall’indagine, illustrate dall’intervento di Bruno Patino, presidente di Arte e presidente del comitato degli Etats généraux de l’Information (Stati generali dell’informazione): fare del pensiero critico e dell’educazione ai media a scuola una priorità; neutralizzare la disinformazione con una campagna di sensibilizzazione preventiva su larga scala (prebunking); ampliare il campo delle società benefit per includere anche le imprese che fanno informazione; migliorare la governance dei media d’informazione; rafforzare la protezione delle fonti e legiferare contro le azioni legali intimidatorie (le ‘procedure bavaglio’); introduzione di una certificazione volontaria per gli influencer dell’informazione; creare un nuovo dovere: la responsabilità democratica; ridistribuire parte della ricchezza captata dai fornitori di servizi digitali per migliorare l’informazione; garantire il pluralismo dei media nel contesto delle concentrazioni; promuovere un riconoscimento europeo del diritto all’informazione; instaurare un pluralismo effettivo negli algoritmi; rendere più competitivo il mercato dell’intermediazione pubblicitaria online per garantire una condivisione equilibrata del valore; introdurre un obbligo di dare maggiore visibilità ai contenuti informativi per le più grandi piattaforme; rendere effettive le responsabilità delle grandi piattaforme nella lotta contro la disinformazione e il cyberbullismo preparando un ‘secondo atto’ del Digital Services Act (DSA); consolidare una politica di lotta alla disinformazione a livello europeo.
Due, invece, le raccomandazioni del Comitato direttivo rivolte ai professionisti dell’informazione: la professione dovrebbe intraprendere un processo di certificazione ampio e proattivo, un modo per rafforzare la fiducia, garantire l’efficacia delle politiche pubbliche e riequilibrare il rapporto con le piattaforme; la professione dovrebbe iniziare a costruire uno strumento di gestione collettiva per i media d’informazione, ovvero promuovere il passaggio da un’economia basata sui link, sui diritti di prossimità, a un’economia basata sui contenuti, che potrebbe richiedere un sistema di licenze collettive o addirittura licenze legali.